"Progettare in modo inclusivo significa creare un contesto fisico o digitale in cui l’esperienza può essere fruita dalle persone indipendentemente dalla loro diversità, sia essa fisica, culturale o economica. In pratica, con la consapevolezza che ogni scelta di design non può mai essere neutrale, qualsiasi elemento di un progetto, sia esso un testo, un’immagine, un insieme di opzioni, una forma o un colore, viene progettato in modo da evitare esclusioni."Debora Bottà, Il design può fare la differenza Probabilmente lo sappiamo già, ma procediamo con ordine.

<h2>Cos’è lo UX Writing?</h2>Lo UX Writing è una disciplina che si occupa di creare contenuti per i prodotti digitali che guidino l'utente nelle interazioni, rassicurandolo ed evitando in primis espressioni generiche, ma anche fraintendimenti sulle azioni proposte E in cosa differisce dal copywriting?Il copywriting invece lavora con le parole al fine di raggiungere obiettivi di marketing raccontando storie nelle quali gli utenti possano riconoscersi e, alla luce di questo, avvicinarsi ai brand. Ma torniamo allo UX Writing.Chi si occupa di UX Writing ha quindi il compito di rendere semplice e intuitiva la fruizione di un contenuto. Per farlo è fondamentale che il linguaggio adottato sia chiaro e diretto. Deve fornire risposte, fugare dubbi e indicare azioni e possibilità, spiegandole in maniera facilmente comprensibile dagli utenti. <h2>I microcopy</h2>Spesso lo UX Writing prende la forma di microcopy, ovvero piccole porzioni di testo che vanno a disegnare quella che è l’esperienza di navigazione.Uno o due microcopy possono passare inosservati, ma la loro somma sulla pagina di un sito impatta in modo massiccio sulla sua fruizione.A tutti è capitato (e nemmeno troppo raramente) di sentirsi impotenti e frustrati davanti a un messaggio di errore tipo “Ops! Qualcosa è andato storto”. Ok, ma COSA!? <h2>A questo punto entra in gioco il concetto di usabilità</h2>Avete presente quando, navigando su una pagina, venite accolti da un copy chiaro, che spiega e descrive il contesto in cui vi trovate e vi aiuta a ottenere ciò che desiderate senza confondervi e ingannarvi? Quando il contenuto si prende cura dei vostri bisogni e vi fornisce chiaramente gli strumenti e le indicazioni di flusso per soddisfarli, tenendo conto di eventuali impedimenti? Quella è una pagina priva di criticità a livello di usabilità. <h2>E l’accessibilità cos’è?</h2><blockquote>“Accessibilità web significa che i siti, i tools e le tecnologie siano disegnate e sviluppate in modo che le persone con disabilità possano fruirne.”</blockquote>Fonte: World Wide Web Consortium Per fare un esempio concreto, una pagina accessibile Include alternative testuali a suoni e immagini, layout adattabili per dimensione e contrasti corretti affinché persone con limitazioni uditive o visive possano fruire del contenuto. Ma anche la compatibilità con tecnologie assistive, indicazioni su contenuti che potrebbero provocare convulsioni o altre reazioni fisiche (lampeggi), etc.Un contenuto ux writing ben strutturato è necessariamente etico, ossia rispettoso verso tutti, e democratico, ovvero alla portata di tutti, indipendentemente da età, capacità e livello di scolarizzazione. <h2>Cambia la realtà, cambiano le parole con cui la costruiamo</h2>Possiamo affermare che un linguaggio accessibile sia per sua natura inclusivo? Nnnì. Chi lavora con le parole ha il potere e la responsabilità di raccontare e plasmare la realtà, pertanto è richiesto loro di fare uno sforzo in più.<blockquote>“Per essere inclusivo, il linguaggio deve essere accessibile. Ma non può esserci accessibilità senza inclusione.” </blockquote>Valentina di Michele, Content Strategist in Officina Microtesti Come già detto in precedenza, un contenuto è accessibile quando abbatte le barriere in ingresso, permettendo a tutti di fruirne, tenendo conto di eventuali limiti delle capacità (temporanei o permanenti). E quando un contenuto è, oltre che accessibile, inclusivo?Quando porta dentro tutto ciò che resta ai bordi, rispettandone le peculiarità. Si parla quindi di inclusività rispetto al genere, all’orientamento sessuale, all’età, all’etnia, alla religione, alla presenza o meno di disabilità, al livello di scolarizzazione, allo status socioeconomico, fino all’aspetto estetico. Per le lingue neolatine il discorso è un po’ più articolato rispetto alla lingua inglese, in quanto non vi sono molti corrispettivi neutri ai termini e pronomi utilizzabili. Ma questo non può e non deve essere un limite al modo in cui vogliamo modellare una comunicazione sempre più aperta a tutti e rispettosa della persona. Una comunicazione HUMAN-CENTERED. Come fare quindi a superare alcuni ostacoli dati dalla natura stessa della lingua italiana?Nella società di oggi semplificare alcune domande è inutile, oltre che eticamente scorretto. Sappiamo che inserire come uniche opzioni M o F alla domanda “A quale genere appartieni?” è incompleto, fuorviante e può mettere l’utente nella condizione di sentirsi non rappresentato, quindi escluso. Possiamo allora per prima cosa farci - o fare ai nostri clienti - una domanda semplice: quel dato ci serve davvero? Ai fini della nostra strategia, è un dato che ci permette di customizzare una comunicazione per una vendita più verticalizzata di prodotto, o lo chiediamo solo per riempire un DB? Laddove possibile, oltre alle opzioni che riteniamo possano rappresentare i nostri utenti, sarebbe un’ottima pratica quella di lasciare un campo totalmente personalizzabile, per portare dentro davvero ogni sfumatura e rappresentare il 100% delle possibilità. Un altro modo per aprirci, per consegnare un messaggio davvero democratico e rispettoso, è quello di cambiare punto di vista.Cambiando la nostra posizione come osservatori, cambia il nostro linguaggio.Se, ad esempio, abbiamo la necessità di comunicare che un certo prodotto è perfetto come regalo per una data occasione invece di dire “Il regalo perfetto per il tuo / la tua partner” (tenendo conto che i microcopy, per loro natura, hanno caratteri limitati, e non sempre è possibile inserire opzioni alternative), possiamo dire “Il regalo perfetto per chi ami”. Al posto di chiedere a un utente “Sei un/una professionista nel campo del marketing?” possiamo chiedere “Ti occupi di marketing”?Perché, oltre ad una questione di identità di genere, bisogna ricordare che i nostri utenti sono persone, e non è un titolo di studi o una professione a identificarli come tali. <h2>Il paradosso dello schwa (ə)</h2>Sempre più spesso ci capita di imbatterci nel “ə”, il segno grafico che rappresenta la vocale indistinta e neutrale. Al netto del dibattito linguistico generato dal fatto che nella lingua italiana schwa non è riconosciuto né come simbolo né come suono dal valore distintivo, questo è spesso utilizzato per rendere genderless la comunicazione, andando quindi ad includere qualunque identità l’utente senta lo rappresenti. Ad oggi però va fatta una riflessione onesta sul tema, ossia che lo schwa non è utilizzabile su tutti i supporti a causa di limiti tecnici e tecnologi, e inoltre non è sempre compreso, accettato o conosciuto dalla totalità della società.Questo significa che paradossalmente lo schwa ad oggi non è inclusivo in quanto, appunto, non tutti lo possono o vogliono accogliere. Ma i tempi e il linguaggio, si sa, sono in continuo e costante mutamento. <h2>I dati ci supportano </h2>Perchè per i brand comunicare in maniera inclusiva è fondamentale?

<blockquote>Ciò significa che ogni volta che progettiamo un contenuto fruibile, accessibile e inclusivo, stiamo invitando milioni di persone a utilizzarlo, stiamo includendo un numero enorme di utenti. </blockquote>In questo modo espandiamo l’audience, che porta ad un potenziale aumento di utenti interessati ad acquistare o fruire del nostro servizio, che si traduce in guadagni. Espandi la reach, incrementi la revenue. Questo non fa che sottolineare l’importanza dello sforzo in più necessario per rendere accessibile e inclusivo il design del nostro sito, tool e tecnologia. <h2>In conclusione</h2>Cosa hanno in comune utenti, aziende, brand?Il fatto che sono tutte persone. Individui con una sensibilità, volontà ed una unicità da rispettare e condividere. Concorrere quindi all’utilizzo e alla diffusione di un linguaggio e di un modo di modellare la realtà che sia inclusivo ed accessibile per chiunque porta benefici su più fronti, a tutta la società. Vuoi indagare o sviluppare anche tu i contenuti del tuo sito, tool o tecnologia adottando un design accessibile a tutti ed inclusivo, al fine di rendere il tuo Brand un prodotto o servizio che permetta a tutti di sentirsi rappresentati? Entra in contatto con noi: insieme possiamo studiare la soluzione più in linea con i tuoi obiettivi. Extra tip: in tutto questo ricordiamoci dell'AINell’era dell’Intelligenza Artificiale, questo è un discorso da tenere sempre più in considerazione. Ricordiamoci che ogni contenuto che diamo “in pasto” al web, diventa una fonte dalla quale attinge l’IA per la creazione e restituzione di contenuti. Pertanto è importante “educare” questo processo, al fine di arrivare un giorno ad ottenere un’IA inclusiva e più etica di quanto non sia oggi.

"Progettare in modo inclusivo significa creare un contesto fisico o digitale in cui l’esperienza può essere fruita dalle persone indipendentemente dalla loro diversità, sia essa fisica, culturale o economica. In pratica, con la consapevolezza che ogni scelta di design non può mai essere neutrale, qualsiasi elemento di un progetto, sia esso un testo, un’immagine, un insieme di opzioni, una forma o un colore, viene progettato in modo da evitare esclusioni."Debora Bottà, Il design può fare la differenzaProbabilmente lo sappiamo già, ma procediamo con ordine.Cos’è lo UX Writing?Lo UX Writing è una disciplina che si occupa di creare contenuti per i prodotti digitali che guidino l'utente nelle interazioni, rassicurandolo ed evitando in primis espressioni generiche, ma anche fraintendimenti sulle azioni proposteE in cosa differisce dal copywriting?Il copywriting invece lavora con le parole al fine di raggiungere obiettivi di marketing raccontando storie nelle quali gli utenti possano riconoscersi e, alla luce di questo, avvicinarsi ai brand.Ma torniamo allo UX Writing.Chi si occupa di UX Writing ha quindi il compito di rendere semplice e intuitiva la fruizione di un contenuto. Per farlo è fondamentale che il linguaggio adottato sia chiaro e diretto. Deve fornire risposte, fugare dubbi e indicare azioni e possibilità, spiegandole in maniera facilmente comprensibile dagli utenti. I microcopySpesso lo UX Writing prende la forma di microcopy, ovvero piccole porzioni di testo che vanno a disegnare quella che è l’esperienza di navigazione.Uno o due microcopy possono passare inosservati, ma la loro somma sulla pagina di un sito impatta in modo massiccio sulla sua fruizione.A tutti è capitato (e nemmeno troppo raramente) di sentirsi impotenti e frustrati davanti a un messaggio di errore tipo “Ops! Qualcosa è andato storto”. Ok, ma COSA!?A questo punto entra in gioco il concetto di usabilitàAvete presente quando, navigando su una pagina, venite accolti da un copy chiaro, che spiega e descrive il contesto in cui vi trovate e vi aiuta a ottenere ciò che desiderate senza confondervi e ingannarvi? Quando il contenuto si prende cura dei vostri bisogni e vi fornisce chiaramente gli strumenti e le indicazioni di flusso per soddisfarli, tenendo conto di eventuali impedimenti? Quella è una pagina priva di criticità a livello di usabilità.E l’accessibilità cos’è?“Accessibilità web significa che i siti, i tools e le tecnologie siano disegnate e sviluppate in modo che le persone con disabilità possano fruirne.”Fonte: World Wide Web ConsortiumPer fare un esempio concreto, una pagina accessibile Include alternative testuali a suoni e immagini, layout adattabili per dimensione e contrasti corretti affinché persone con limitazioni uditive o visive possano fruire del contenuto. Ma anche la compatibilità con tecnologie assistive, indicazioni su contenuti che potrebbero provocare convulsioni o altre reazioni fisiche (lampeggi), etc.Un contenuto ux writing ben strutturato è necessariamente etico, ossia rispettoso verso tutti, e democratico, ovvero alla portata di tutti, indipendentemente da età, capacità e livello di scolarizzazione.Cambia la realtà, cambiano le parole con cui la costruiamoPossiamo affermare che un linguaggio accessibile sia per sua natura inclusivo? Nnnì. Chi lavora con le parole ha il potere e la responsabilità di raccontare e plasmare la realtà, pertanto è richiesto loro di fare uno sforzo in più.“Per essere inclusivo, il linguaggio deve essere accessibile. Ma non può esserci accessibilità senza inclusione.” Valentina di Michele, Content Strategist in Officina MicrotestiCome già detto in precedenza, un contenuto è accessibile quando abbatte le barriere in ingresso, permettendo a tutti di fruirne, tenendo conto di eventuali limiti delle capacità (temporanei o permanenti). E quando un contenuto è, oltre che accessibile, inclusivo?Quando porta dentro tutto ciò che resta ai bordi, rispettandone le peculiarità.Si parla quindi di inclusività rispetto al genere, all’orientamento sessuale, all’età, all’etnia, alla religione, alla presenza o meno di disabilità, al livello di scolarizzazione, allo status socioeconomico, fino all’aspetto estetico.Per le lingue neolatine il discorso è un po’ più articolato rispetto alla lingua inglese, in quanto non vi sono molti corrispettivi neutri ai termini e pronomi utilizzabili. Ma questo non può e non deve essere un limite al modo in cui vogliamo modellare una comunicazione sempre più aperta a tutti e rispettosa della persona. Una comunicazione HUMAN-CENTERED.Come fare quindi a superare alcuni ostacoli dati dalla natura stessa della lingua italiana?Nella società di oggi semplificare alcune domande è inutile, oltre che eticamente scorretto. Sappiamo che inserire come uniche opzioni M o F alla domanda “A quale genere appartieni?” è incompleto, fuorviante e può mettere l’utente nella condizione di sentirsi non rappresentato, quindi escluso.Possiamo allora per prima cosa farci - o fare ai nostri clienti - una domanda semplice: quel dato ci serve davvero? Ai fini della nostra strategia, è un dato che ci permette di customizzare una comunicazione per una vendita più verticalizzata di prodotto, o lo chiediamo solo per riempire un DB? Laddove possibile, oltre alle opzioni che riteniamo possano rappresentare i nostri utenti, sarebbe un’ottima pratica quella di lasciare un campo totalmente personalizzabile, per portare dentro davvero ogni sfumatura e rappresentare il 100% delle possibilità.Un altro modo per aprirci, per consegnare un messaggio davvero democratico e rispettoso, è quello di cambiare punto di vista.Cambiando la nostra posizione come osservatori, cambia il nostro linguaggio.Se, ad esempio, abbiamo la necessità di comunicare che un certo prodotto è perfetto come regalo per una data occasione invece di dire “Il regalo perfetto per il tuo / la tua partner” (tenendo conto che i microcopy, per loro natura, hanno caratteri limitati, e non sempre è possibile inserire opzioni alternative), possiamo dire “Il regalo perfetto per chi ami”. Al posto di chiedere a un utente “Sei un/una professionista nel campo del marketing?” possiamo chiedere “Ti occupi di marketing”?Perché, oltre ad una questione di identità di genere, bisogna ricordare che i nostri utenti sono persone, e non è un titolo di studi o una professione a identificarli come tali.Il paradosso dello schwa (ə)Sempre più spesso ci capita di imbatterci nel “ə”, il segno grafico che rappresenta la vocale indistinta e neutrale. Al netto del dibattito linguistico generato dal fatto che nella lingua italiana schwa non è riconosciuto né come simbolo né come suono dal valore distintivo, questo è spesso utilizzato per rendere genderless la comunicazione, andando quindi ad includere qualunque identità l’utente senta lo rappresenti. Ad oggi però va fatta una riflessione onesta sul tema, ossia che lo schwa non è utilizzabile su tutti i supporti a causa di limiti tecnici e tecnologi, e inoltre non è sempre compreso, accettato o conosciuto dalla totalità della società.Questo significa che paradossalmente lo schwa ad oggi non è inclusivo in quanto, appunto, non tutti lo possono o vogliono accogliere. Ma i tempi e il linguaggio, si sa, sono in continuo e costante mutamento.I dati ci supportano Perchè per i brand comunicare in maniera inclusiva è fondamentale?Ciò significa che ogni volta che progettiamo un contenuto fruibile, accessibile e inclusivo, stiamo invitando milioni di persone a utilizzarlo, stiamo includendo un numero enorme di utenti. In questo modo espandiamo l’audience, che porta ad un potenziale aumento di utenti interessati ad acquistare o fruire del nostro servizio, che si traduce in guadagni. Espandi la reach, incrementi la revenue. Questo non fa che sottolineare l’importanza dello sforzo in più necessario per rendere accessibile e inclusivo il design del nostro sito, tool e tecnologia.In conclusioneCosa hanno in comune utenti, aziende, brand?Il fatto che sono tutte persone. Individui con una sensibilità, volontà ed una unicità da rispettare e condividere. Concorrere quindi all’utilizzo e alla diffusione di un linguaggio e di un modo di modellare la realtà che sia inclusivo ed accessibile per chiunque porta benefici su più fronti, a tutta la società.Vuoi indagare o sviluppare anche tu i contenuti del tuo sito, tool o tecnologia adottando un design accessibile a tutti ed inclusivo, al fine di rendere il tuo Brand un prodotto o servizio che permetta a tutti di sentirsi rappresentati? Entra in contatto con noi: insieme possiamo studiare la soluzione più in linea con i tuoi obiettivi.Extra tip: in tutto questo ricordiamoci dell'AINell’era dell’Intelligenza Artificiale, questo è un discorso da tenere sempre più in considerazione. Ricordiamoci che ogni contenuto che diamo “in pasto” al web, diventa una fonte dalla quale attinge l’IA per la creazione e restituzione di contenuti. Pertanto è importante “educare” questo processo, al fine di arrivare un giorno ad ottenere un’IA inclusiva e più etica di quanto non sia oggi.

UX Writing e inclusività: per una comunicazione human centered